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02.11.2023

Soul Restaurant: quando il fine dining scalda l’hiterland milanese

Un’inattesa anima fine dining nel cuore dell’hinterland milanese: ecco cos’è il Soul Restaurant di via Goito a Legnano, un luogo in cui la passione è presente in ogni dettaglio, dalla cucina guidata da chef Fabio Mecchina alla sala, gestita dalla moglie Gloria Marchesoni

Ormai i più navigati food lovers lo sanno: ci sono sempre più motivi “culinari” per guardare oltre il panorama gastronomico della metropoli e spostarsi (a cena) verso la provincia. Perchè qui, lontano dai riflettori e dall’“ansia da prestazione” della ristorazione più alla moda, riescono a nascere e svilupparsi delle vere e proprie “oasi gourmet” nelle quali la cucina può riappropriarsi della sua filosofia più genuina, fatta di ricerca e gioco, rievocazione della tradizione, sperimentazione innovativa, contaminazione tecnica e piacevolezza sensoriale. Tra queste c’è Soul, un ristorante giovane sia nello spirito sia all’anagrafe: aperto nel dicembre 2018 nel cuore di Legnano e guidato da chef Fabio Mecchina (35 anni) insieme alla moglie Gloria Marchesoni, che gestisce la sala.

Nel blu dipinto di blu: relax (inaspettato) fuori città

Il primo aspetto che colpisce chi entra è la presenza importante (ma non invadente) del colore ottanio, sapientemente alternato al bianco sia sulle pareti sia negli altri elementi d’arredo; un colore rilassante a cui l’avventore (milanese) non è abituato ma che, insieme alla mise en place minimalista, alla luce soffusa e alla musica di sottofondo, riesce nell’intento di distendere i nervi, allontanare i pensieri e creare un’atmosfera “sospesa”, quasi “ovattata” come se ci si trovasse all’interno di un acquario. In origine il locale aveva un aspetto più rustico, ma i nuovi proprietari lo hanno subito ripensato e fatto proprio. Lo spunto iniziale? Le poltroncine: friulane, dalla seduta di massimo comfort, bianche fuori e blu dentro. Il resto è venuto da sé,come una naturale conseguenza: dai poggia posate di vetro in nuance ai quadri in resina azzurra su tela firmati da Cristina Artuso, autrice anche del logo.

Partire per ritornare, perdersi per ritrovarsi…anche in cucina

La cucina, eclettica e briosa, è completamente nelle mani di chef Mecchina, che nonostante la giovane età (è un classe 1988), può già contare su un grande background, maturato in alcune prestigiose cucine internazionali. Dopo il diploma all’istituto alberghiero di Busto Arsizio e un temporaneo, utile, excursus tra macelleria e corsi di arte bianca (per imparare i segreti della lievitazione e della panificazione), si forma professionalmente alla Boscolo Etoile Academy di Tuscania e poi vive la sua prima esperienza di ristorazione “pura” come stagista da Pierino Penati, considerato ancora oggi “IL ristorante della Brianza”, in cui lo chef patron Theo Penati incarna i valori della ristorazione moderna, portando avanti una grande conoscenza della cucina tradizionale italiana e locale, ma senza il timore di evolvere e rinnovarsi.

La vera e propria scuola (di cucina e di vita) è però rappresentata delle metropoli europee, tra cui in particolare Londra. Qui chef Fabio trascorre cinque anni spostandosi tra lo stellato Rhodes 24, il Fat Duck di Heston Blumenthal, il Pétrus di Gordon Ramsay e gli stellati The Greenhouse e The Connaught di Hélène Darroze.Cucine prestigiose, tutte diverse ma tutte accomunate da una caratura internazionale che richiede al tempo stesso rigore tecnico e grande apertura verso una proposta varia, attenta alle suggestioni più esotiche e innovative, nonché capace di trarne spunti d’ispirazione sempre diversi e capace di rispondere (o stimolare) le esigenze di una clientela curiosa e trasversale.

Quando però i tempi sono stati maturi per avviare una realtà in solitaria, il giovane Mecchina, ha scelto di tornare in patria e di aprire il suo locale in periferia, lontano dai riflettori della milanesità imperante e al riparo dalla moda del meticciato-fusion in cucina. L’obiettivo, nella scelta di una location defilata come quella di Legnano, è stato quello di crearsi un’identità propria e di riuscire a distinguersi dalla piazza del capoluogo lombardo (in cui non manca veramente nulla) attraverso una formula nuova capace di applicare le tecniche più avanguardistiche, apprese nel panorama internazionale (da Londra a Tokyo), ai migliori ingredienti locali o mediterranei, in maniera consapevole e mai banale.

Semplicità complessa: una cucina che sorprende a ogni boccone “Question everything” è il motto di Heston Blumenthal che chef Mecchina fa proprio ogni giorno, mettendosi sempre in discussione, con il proposito di approcciare la materia al di fuori degli schemi tramandati, in modo riflessivo e originale. Il fine è quello di conciliare l’equilibrio fra sostanza, nitidezza e divertimento, con un metodo quasi scientifico e attraverso un numero limitato di ingredienti (rigorosamente stagionali e di qualità) che restano sempre riconoscibili. Il tutto senza rinunciare all’elemento sorprendente dato dal gioco della presentazione, dei gusti e delle consistenze.

Il titolo stesso dei piatti rivela questo intento di divertissement, ed è una prima chiave per suscitare l’interesse dell’avventore, lasciando spazio alla sorpresa e alla curiosità di vedere come gli ingredienti si convertono in un mix di equilibri e contrasti.

Due menu per lasciarsi stupire… con un’opzione flessibile

La proposta gastronomica si articola in due menu degustazione: “Soul Essence” (5 portate) più tradizionale e dedicato ai piatti signature dello chef e “Soul Experience” (8 portate) più sperimentale e ricercato. Ma nulla vieta di optare per una scelta a la Carte, attingendo dai due percorsi ed eventualmente optando per delle varianti in chiave vegetariana, che trasformano il contorno in main course.

Degni di nota, tra i piatti signature, i Tagliolini con gamberi di Madeira, zabaione, polline e Kaffir lime; il Risotto con foie gras, lamponi, formaggio di capra, ibisco e coriandolo; la Gallinella di mare, con pomodoro, origano, tamarindo, grue di cacao e cannolicchi e la Passeggiata nel bosco (piccione con tartufo, funghi, lumache e cirmolo). Mentre tra i piatti “sperimentali” del Menu Experience, meritano di essere assaggiati il Cardoncello (un antipasto a base dell’omonimo fungo, sedano rapa, miso, lardo di colonnata e timo) e la Rana pescatrice (con sakè, alghe di mare, broccoli e mandorle).

Creatività e ispirazione… a quattro mani

Qualsiasi sia la scelta, si ha la sicurezza di poter contare su portate che stupiscono e allo stesso tempo coccolano il palato e la mente, mescolando una spiccata riconoscibilità dei sapori con un abbinamento innovativo dei gusti e delle consistenze. Il segreto? Tutte le ricette nascono a quattro mani: dopo le prime prove compiute con rigore scientifico da chef Fabio, interviene il palato della moglie Gloria Marchesoni, che aiuta a rifinire e definire il gusto dei piatti, anche in vista del wine pairing a lei affidato, insieme alla gestione della sala.

Competenza unica…dalla cucina alla sala, dal piatto al bicchiere

Proprio a Gloria è affidata l’accoglienza, che inizia all’ingresso con il suo sorriso affabile e sincero, e prosegue al tavolo, nel modo di presentare i piatti e di suggerire gli adeguati abbinamenti, che possono contare su una carta dei vini da centotrenta etichette, dove sono rappresentate tutte le regioni italiane, i grandi nomi, ma anche le piccole cantine di nicchia, con prospettive di ampliamento soprattutto in Francia e Spagna.

Perché affidarsi? Non solo per la sua profonda conoscenza del gusto dei piatti elaborati in cucina dal marito Fabio, ma anche per la sua formazione professionale che, dopo il diploma alberghiero in Trentino (con doppia qualifica di sala e di cucina) continua con il diploma AIS e con i corsi della Wine Academy Italia e dell’Accademia di Master Sommelier (grazie ai quali consegue il livello 3 in Wine & Spirit Education Trust e il diploma Advanced di sommelier) nonché con esperienze (in divisa nera) al St. Hubertus di Norbert Niederkofler, a Villa Feltrinelli con Stefano Baiocco e poi al Five Fields, come assistente del master sommelier Mathias Camilleri, e al The Greenhouse a Londra, dove oltre a una carta dei vini paragonabile a una vera enciclopedia mondiale, ha trovato anche l’amore e un progetto di vita da concretizzare in Italia.

Un nuovo progetto, sulle orme del passato

Fabio e Gloria hanno aperto il loro “luogo del cuore” a Legnano nel 2018. L’hanno chiamato “Soul” per testimoniare quanta “anima” ci sia in questo progetto, e fanno di tutto per dimostrare ogni giorno quanta passione stia dietro alla ricerca di proporre piatti profondamente “autoctoni” ma anche aperti a suggestioni esotiche, che rendono internazionale la proposta gastronomica. A incorniciare questa intenzione c’è il duplice servizio del pane fatto in casa che gioca sull’alternanza di elementi croccanti (i grissini e le schiacce alla cipolla) e morbidi (la brioche alle erbe aromatiche, la baguette e la focaccia con olio extravergine d’oliva). Stesso discorso per il pairing, che resta fedele alle eccellenze italiane, pur guardando all’estero e accogliendo, in sporadici casi, qualche cocktail in abbinamento ai piatti.

Se l’intento dichiarato dei giovani proprietari è quello di dare valore al tempo e mettere gli ospiti a proprio agio, affinché lascino i pensieri fuori dalla porta e si godano l’esperienza vissuta a tavola, il risultato supera probabilmente le aspettative. Complici i colori delle pareti e l’arredo minimal dai toni marini, lo studio delle luci e la mise en place essenziale ma particolare al tempo stesso, il visitatore può immergersi davvero in una dimensione di comfort in cui perdere le coordinate spazio-temporali e abbandonarsi alle attenzioni di chi ha fatto della cordialità e della competenza la propria cifra stilistica.
Ed è in questo clima disteso e familiare che i sensi si aprono e il cibo recupera la sua dimensione esperienziale, trasformandosi in una scoperta, un gioco, un momento e un motivo per emozionarsi.

 

 

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